CURIOSITA' E DATE DA RICORDARE Rinaldo Bianchini il famoso trombettista nerazzurro Tifare significa
solo incitare la propria squadra. Cosa che Bianchini ha fatto per una
vita, dando fiato e polmoni al suo morbo nerazzurro e diventando un personaggio
simbolo, citatissimo da radio e telecronisti (Bruno Pizzul in particolare
ne raccontava spesso le gesta) di un calcio forse oggi perduto. "Lo
ricordo con tanta simpatia - dice il lodigiano Giampiero Marini, centrocampista
dell'Inter a cavallo tra gli anni '70 e '80 -. In campo noi giocatori
sentivamo la sua tromba, come segnale per caricarci o per festeggiare.
È stata una persona che ha lasciato un segno importante nella storia
dell'Inter ". ======
CARLO ANCELOTTI ex tifoso Interista e calciatore nerazzurro mancato L'ex allenatore rossonero ha confessato: "Da ragazzino ero tifoso dell'Inter. Il mio idolo era Mazzola. Ero stato comprato, diciamo, da tifoso, perché avevo mio cugino che viveva a Milano e mi aveva portato un completo dell'Inter, con la maglia e i pantaloncini, e da quel giorno ero diventato tifoso dell'Inter". Una fede che non è stata dimenticata, nonostante gli anni e la professione da allenatore: "Forza Inter adesso è impossibile da dire", assicura Ancelotti, ma "per l'Inter ho anche pianto e questo lo posso dire, perché una volta, l'unico modo per poter veder l'Inter era a Mantova. L'Inter - racconta - andò a Mantova a giocare ma purtroppo non riuscimmo a trovare i biglietti, però, con astuzia mi sono messo davanti a un cancello a piangere per 45 minuti e alla fine, a furia di vedermi piangere, lo steward mi lasciò entrare a vedere il secondo tempo. E' stata l'unica volta che ho visto l'Inter dal vivo." Milano, 21 maggio 1978: Inter - Hertha Berlino 2-0 Nell' Inter gioca anche un giovanissimo Carlo Ancelotti il quale così ricorda: "Ho fatto un provino per l'Inter. A 19 anni il mio battesimo è stato contro l' Hertha Berlino in squadra con gente come Anastasi e Altobelli...me la son fatta sotto. Trascorsa una settimana non c'era giorno in cui Bersellini non mi pesasse e continuasse a ripetermi: 'Se resti qui dovrò inventare una dieta specifica solo per te'. Alla fine decisero che costavo troppo e presero Beccalossi" ====== Stadio di Wembley, spazio dedicato alle squadre vincitrici della Coppa dei Campioni, ecco alcune foto, di José Vicente, dello spazio dedicato all'Inter (clicca per ingrandirle) ====== CAMPIONATO 1946/47 Milano, 29 giugno 1947 – XXXVII° giornata Inter - Bologna 1-1 Contro il Bologna, Meazza gioca la sua ultima partita Meazza e il capitano del Bologna si scambiano i saluti iniziali ====== CAMPIONATO 1958/59
Antonio Valentin Angelillo, contro la Lazio, segna il suo 33° gol e stabilisce un record difficilmente battibile: 33 gol in 33 partite di campionato ====== 22 febbraio 1981, Campionato 1980/81: Inter - Como 2-1 al 18' minuto si infortuna Gabriele Oriali ed al suo posto entra un ragazzino di nome Giuseppe Bergomi, è l'esordio dello "zio" in partite ufficiali. ========= Milano, viale Lombardia, 30 gennaio 1921 - VII° giornata Milan - Internazionale 1-1 Derby e nell'Inter
giocano ben cinque fratelli contemporaneamente, record sicuramente imbattibile.
Ecco i cinque fratelli Cevenini che scendono in campo contemporaneamente,
da sinistra Mario, Aldo e Luigi, seduti Cesare e Carlo =======
Milano, 10 gennaio 1909, l'Internazionale disputa, contro il Milan, la sua prima partita ufficiale, si tratta della prima giornata del girone eliminatorio della Lombardia, girone che comprende oltre il Milan e l'Internazionale anche l'U. S. Milanese. Milan criket - Internazionale 3-2 Milan criket: Radice, Sala, Colombo, Meschia, Scarioni, Barbieri, Mariani, Laich, Trerè, Madler, Lana. Internazionale: Cocchi, Marktl, Kaeppler, Nieddermann, V. Fossati, Kummel, A. Gama, Du Chenè, Hopf, Schuler, Woelkel Reti: 25’ Trerè, 69’ A. Gama, 74’ Lana, 86’ Laich, 88’ Schuler Arbitro: Goodley Note: Giornata fredda e piovosa,
scarso il pubblico.
Una fase di quell'incontro
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08 settembre 1928 Nasce la Società Sportiva Ambrosiana Le direttive impartite dal Regime Fascista già nel 1927 imponevano la riduzione delle società doppie presenti nella stessa città, decidendo le fusioni tra diverse quadre di diverse città, quando alla fine del campionato 1927-1928 Ernesto Torrusio, braccio destro del gerarca fascista di Milano Rino Parenti e presidente della U.S. Milanese, terminata seconda nel campionato di Prima Divisione girone B) vide la possibilità di essere ammessi in Divisione Nazionale, decise di imporre all'Internazionale la fusione con l'U. S. Milanese. La dirigenza dell'Internazionale fu messa al corrente della fusione a giochi già fatti. e per volere di Torrusio, la squadra cambiò nome, Ambrosiana, e anche la maglia nerazzurra fu abbandonata per una classica divisa bianca con una croce rossa (simbolo di Milano) e il Fascio littorio al centro della divisa. Il nome Ambrosiana derivava da Sant'Ambrogio, patrono di Milano dopo esserne stato vescovo. Lunedì 25
gennaio 1932 il quotidiano sportivo "Il Littoriale", nella pagina
dei risultati titola in un trafiletto "Ambrosiana Inter e la rinascita
dell'U.S. Milanese" e scrisse: « L'Ufficio sportivo della Federazione
Fascista ha dato comunicazione all'A.S. Ambrosiana che S.E. l'on. Arpinati,
Commissario del C.O.N.I., ha concesso l'autorizzazione a che l'Ambrosiana
muti la propria denominazione in quella di A.S. Ambrosiana-Inter. Ciò
che costituisce la conferma ufficiale della notizia data qualche tempo
fa, e ha riempito di giubilo la massa dei supporters nero azzurri. »
E aggiunse: « Contemporaneamente S.E. Arpinati ha autorizzato la
rinascita dell'U.S. Milanese, la società che diede vita, assieme
all'ex Internazionale, all'Ambrosiana, nominandone presidente il cav.
Andrea Lattuada.
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10 dicembre 1958 - Coppa città delle Fiere Inter - Olympique Lione 7-0 l'Inter, disputa la sua ultima partita ufficiale all'Arena L'Arena negli anni '40 gremita di gente =====
Campionato 1976/77, Genova 12 dicembre 1976 Sampdoria - Inter 0-1 Facchetti segna al 89' il gol vittoria che è anche l' ultimo dei suoi 59 gol segnati in serie A
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Torino, 16 aprile 1961 Stadio Comunale di Torino:
è il 16 aprile 1961, una domenica piovosa, la ventottesima di campionato.
Il torneo è a 18 squadre, mancano ancora sette giornate alla fine,
ma quella di oggi non è una partita come le altre, è Juventus
- Inter, il derby d’Italia. La squadra bianconera è in testa
alla classifica con 40 punti, grazie alle grandi giocate dei suoi tre
re: John Charles la potenza, Giampiero Boniperti la classe, Omar Sivori
l’estro e la fantasia. L’Inter insegue, con quattro lunghezze
di svantaggio, ma non è per niente rassegnata. È l’Inter
di Helenio Herrera ed Angelo Moratti, una squadra indomita, senza paura,
senza complessi d’inferiorità; quella di Picchi, Bolchi,
Bicicli; quella di Tacchino freddo Firmani e del giovanissimo Corso; insomma,
la genitrice della “Grande Inter”. La partita è delicatissima
e decisiva; lo sanno i giocatori, lo sanno i tecnici e lo sa anche il
pubblico. Una vittoria della Juventus vorrebbe dire scudetto sicuro, una
vittoria dei nerazzurri equivarrebbe a rimettere tutto in gioco. L’incontro
è definito dai giornali il match dell’anno e la risposta
del pubblico è talmente straordinaria da andare al di là
d’ogni previstone. Quando le squadre entrano in campo, infatti,
lo stadio Comunale di Torino offre uno spettacolo mai visto in precedenza.
La folla forma un vero e proprio muro; la Juventus ha venduto poco più
di 61.000 biglietti per un incasso record di 109 milioni di Lire, primato
assoluto per Torino e per il campionato, ma si capisce subito che gli
spettatori sono molti, molti di più. Non si sa chi li abbia fatti
entrare, ma resta il fatto che, quando l’arbitro Gambarotta fischia
l’inizio della partita, c’è qualcosa, nel cielo plumbeo
di Torino, che fa pensare che stia per scoppiare un grosso temporale.
L’incontro, comunque, comincia; l’Inter, considerata oramai
stanca e tagliata fuori dalla lotta al vertice, si presenta al contrario
in gran forma. Bicicli, Corso, Bolchi e Firmani sembrano imprendibili
e la Juventus è costretta a subire. C’è un tiro deviato
a fatica dal portiere juventino Vavassori, segue un’incursione nerazzurra
bloccata, a fatica, al limite dell’area, quindi un tiro di Nicolé
terminato sul fondo ed una traversa colpita dall’interista Morbello.
Il pubblico si eccita, si scalda, applaude, partecipa, fino a quando non
riesce più a restare al suo posto, proprio perché non riesce
fisicamente a stare sugli spalti. Tra uno che grida, uno che si agita,
un altro che non vede, perché ha davanti uno con l’ombrello
aperto, lo stadio Comunale di Torino diventa troppo stretto. Il pubblico
si accalca alle reti, schiaccia, spinge ed alla fine almeno cinquemila
spettatori non trovano altra soluzione che scavalcare le reti ed andarsi
a piazzare ai bordi del campo.Alla mezzora del primo tempo i giocatori
juventini ed interisti vengono colti da tanta paura, così come
l’arbitro Gambarotta. Le intenzioni dei tifosi sono totalmente pacifiche,
nate esclusivamente dal desiderio di vedere meglio la partita, ma il direttore
di gara immagina, con terrore, cosa potrebbe succedere nel momento in
cui dovesse prendere alcune decisioni difficili a favore di una o dell’altra
squadra ed ordina immediatamente la sospensione del gioco; fino a quando
la gente non si sarà allontanata dal campo, la partita non potrà
riprendere.I dirigenti della Juventus si danno immediatamente da fare;
l’altoparlante dello stadio impartisce ordini perentori: «Allontanatevi
immediatamente dal campo di gioco, altrimenti la partita non sarà
ripresa». Il grosso problema è che gli spettatori non hanno
più un posto dove rientrare. L’arbitro Gambarotta si fa parte
dirigente, reprime la paura e, dopo dieci minuti di attesa, decide di
ricominciare ad arbitrare. Ma il tentativo è di breve durata: due
minuti scarsi eppoi tutti negli spogliatoi.Arrivano il questore e duemila
poliziotti; giunge anche Umberto Agnelli, presidente della Juventus, che
confabula con Gian Marco Moratti, figlio del presidente dell’Inter.
Arriva anche Walter Mandelli, dello staff dirigente bianconero ed ancora
l’avvocato Enrico Gattai, accompagnatore ufficiale dell’Inter.
La confusione regna sovrana, fino a quando, alle 17:25, mentre fuori ancora
piove a dirotto, l’arbitro Gambarotta decide di sospendere definitivamente
la partita. Juventus - Inter non si giocherà più. Dopo un’ora
Bruno Bolchi, capitano dell’Inter, entra nello stanzino dell’arbitro
per consegnare il ricorso ufficiale con cui l’Inter chiede la vittoria
a tavolino. Helenio Herrera, detto “Habla habla”, tiene fede
più che mai al suo soprannome e getta benzina sul fuoco. «Avremmo
vinto sicuramente la partita, perché eravamo i più forti»,
dice ai giornali di tutta Italia e le sue dichiarazioni accendono sempre
più le polemiche. Il 26 aprile 1961 il giudice sportivo della Lega
da ragione all’Inter: la Juventus è ritenuta oggettivamente
responsabile di quanto si è verificato e quindi deve subire la
sconfitta per 0-2. L’Inter è in festa, il Mago Herrera lancia
ulteriori proclami di vittoria ed a Milano si riparla di scudetto, un
sogno che sembrava destinato ad essere abbandonato. Ma la Juventus non
ha alcuna intenzione di subire passivamente la decisione del giudice sportivo
e fa reclamo alla Caf, la commissione d’appello federale.La situazione
rimane bloccata per due mesi poi, il 3 giugno, proprio alla vigilia dell’ultimo
turno di campionato che prevede l’Inter di scena a Catania e la
Juventus in casa contro il Bari, la Caf cancella la sentenza di primo
grado. La squadra bianconera non è ritenuta oggettivamente colpevole
per l’invasione e, quindi, non deve essere punita con la sconfitta
a tavolino. La Caf decide inoltre che la partita deve essere rigiocata.
Per l’Inter è uno choc terribile, la società nerazzurra
tira in ballo la doppia carica di Umberto Agnelli, presidente federale
e presidente della società bianconera, sostenendo presunte ingerenze
nella decisione. La squadra subisce il colpo ed il giorno incappa in una
pesante sconfitta per 2-0 a Catania, mentre la Juventus pareggia in casa
con il Bari e porta il suo vantaggio a tre punti. Questa concomitanza
di risultati significa scudetto per la Juventus e rabbia per l’Inter.
Ma il campionato non è finito, almeno per le due squadre rivali,
perché c’è da giocare la ripetizione della partita.
Il problema è lo stato d’animo con cui le due squadre scendono
in campo e la forza pubblica si mobilita, prevedendo disordini fra i tifosi;
il questore di Torino prende ogni precauzione, ma è l’Inter
a fugare ogni dubbio ed a tranquillizzare la situazione.Angelo Moratti
ed Helenio Herrera, sostenendo che quella partita non si sarebbe dovuta
giocare, decidono di schierare undici ragazzini: dieci al loro esordio
assoluto in serie A (tra questi, Sandro Mazzola) e soltanto uno, il portiere
Annibale, con una piccola esperienza, avendo giocato qualche partita in
campionato e il presidente e l’allenatore nerazzurro mantengono
la loro parola ed inviano a Torino una squadra di ragazzini, guidati in
panchina da Giuseppe Meazza. Helenio Herrera rimane polemicamente a Milano
ad assistere ad una partita della squadra Primavera. La partita farsa
termina 9-1. Omar Sivori, acerrimo nemico dell’Inter e di Herrera
in particolare, segna sei goal, conquistando così il primo posto
nella speciale classifica che conteggia i goal realizzati rispetto alle
presenze. Giampiero Boniperti, molto più signore, gioca col cuore
gonfio di amarezza per questa sconfitta dello sport ed alla fine della
partita, rientrato negli spogliatoi, si toglie lentamente le scarpe bullonate
e le porge al magazziniere dicendogli: «Le metta pure via. Non gioco
più», lasciando per sempre il calcio giocato. Anche per Umberto
Agnelli quella partita è molto significante. Il dirigente della
Fiat, infatti, si dimette dalla carica di presidente della Federazione
(troppo tardi e a giochi fatti), carica che ricopriva insieme a quella
di presidente della Juventus. Mazzola così racconta di quella partita:
«Boniperti era stato amico di mio padre ed era un calciatore che,
da ragazzo, vedevo come un gran campione. Fu molto simpatico con me in
quella gara, ma non mi anticipò che quella sarebbe stata, per lui,
l’ultima della sua carriera. Non mi disse, insomma, che io avrei
giocato la prima della mia vita e lui l’estrema. Si tenne il segreto
fino al fischio finale dell’arbitro, fino a quando consegnò
le scarpe al magazziniere A fine match mi salutò e mi fece coraggio,
spronandomi a dare sempre il meglio di me stesso.
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Pelè insieme con Suarez prima di Inter - Santos (1-4) del 24 giugno 1961 a Milano
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CAMPIONATO 1947/48 Inter - Juventus 4-2
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CAMPIONATO 1962/63 24 febbraio 1963, Inter - Milan 1-1
E' il derby del record di Mazzola che va in gol dopo tredici secondi, è la stagione in cui l'Inter vince lo scudetto e il Milan la Coppa dei campioni. Siamo uno a zero per l'Inter e David entra duro su Zaglio, il fallo è in area, di poco, ma è in area. Sarebbe rigore ma l'arbitro Concetto Lo Bello fischia la punizione dal limite perché lui da lontano l'ha vista così. Succede però che Trebbi si spinge con Di Giacomo, Tagnin si scontra con Benitez, Ghezzi che calcia via il pallone e che alla fine della baraonda il pallone sia piazzato sul dischetto del rigore anche perchè David, ha capito che era rigore, Lo Bello nel casino non si ricorda più cosa aveva fischiato e gli interisti si guardano bene dal correggere sia gli uni che l'altro. Alla fine tira Suarez, spiazza Ghezzi ma il pallone finisce sul palo. Chissà.....sicuramente Corso su punizione l'avrebbe messa dentro
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IL PRIMO DERBY
MILANESE Il 18 ottobre
1908 si gioca in Svizzera la prima stracittadina: decide un rossonero
che sembra il nonno di Zola. Gente strana questi footballers. Sono arrivati in treno dall'Ortica, si sono divisi pane, salame, rosso di quello buono e due mani di briscola, nemmeno sanno di odiarsi, ridono e parlano di donne che non fumano, ricamano e si truccano solo con un velo di cipria, non sanno ancora di far parte di qualcosa di grande. È tutto magnificamente antico qui, cugini che viaggiano insieme e che lavano a turno le maglie di tutti, ragazzini che negli occhi hanno tutto, pieni di fede e di cicatrici, colpa di quei palloni che segano la testa con lo spago e delle scarpe troppo dure sulla pianta, con la fiaschetta di whisky appoggiata al palo per quando c'è bisogno di tirarsi un po' su. Prego accomodatevi, a Chiasso, madre di tutti i derby, appena di là della frontiera, ma è come se l'Inter giocasse in casa, cinque sono gli svizzeri in squadra, poi c'è Aebi che è un mezzosangue, sono quasi tutti ragazzini, tre sedicenni, due quindicenni, due ventenni, Balotelli di una volta, ma a quell'età ci si sposa, si lavora e si parte per la guerra. Qui si gioca calcio totale, il calcio del futuro, si difende in undici, si attacca in undici, e non importa come. Si gioca al campo del Gas, venti centesimi il biglietto, due tempi di venticinque minuti, come il secondo tempo più recupero di una partita del Duemila, le porte sono più corte ma più alte, i gol si segnano sui pali che sono quadrati, una tacca, due tacche, due tacche a uno, come tabelloni elettronici fatti di legno, le reti ci sono, ma sono una novità che fa ridere la gente. Ti pare di entrare in campo e invece sei già dentro un'atmosfera, i footballers hanno baffi lucidati dalla pomata e pantaloni tagliati per la scherma, tenuti su dalla cintura di cuoio, le casacche con la lana pungono un po' solo quando sudi. Il mondo è ordinato e cammina senza fretta, in Italia circolano 226 automobili e non c'è bisogno di avere la patente, Clark Gable ha sette anni, Wanda Osiris tre, Montanelli non è ancora nato, solo le persone istruite comprano il giornale che costa cinque centesimi, solo la metà dei bambini italiani va a scuola, stanno comparendo gli ascensori, i termosifoni, la luce elettrica, giocare a calcio è solo un modo di godersi la vita. Il Milan gira intorno a Pierino Lana, che ha 20 anni, e sembra Zola, piccolino, magretto, che segna e fa segnare, l'Inter su Ermanno Aebi, che ha tre anni di meno e tutti chiamano Signorina perché ha il viso delicato e i piedi da ballerina. 18 ottobre 1908 - Campo della
Giovannina, Chiasso (Cantonticino, Svizzera) 18 ottobre 1908, l'Inter è piena di stranieri, il Milan è quasi tutto italiano..... Fonte:www.storiedicalcio.altervista.org
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6 novembre 1949: Inter Milan 6-5
Il derby che rimmarrà
alla storia come il derby più entusismante di sempre, una autentica
girandola di gol. Si comincia a giocare e si scatena subito il Milan:
Candiani, un'ala non molto dotata in fatto di classe, ma con un sinistro
micidiale, va a segno due volte nel giro dei primi 6 minuti. L'Inter sembra
allocchita: San Siro è un crogiolo di urla, di entusiasmo, di abbattimento.
Riduce le distanze il solito Nyers, con una bombarda da distanza ravvicinata,
ma il «pompierone» Gunnar Nordhal riporta in alto i rossoneri,
che vanno alla pausa in vantaggio per 3 a 1. Sembra fatta, ma il bello
deve ancora venire. Si riprende con il Milan ancora in cattedra, adesso
tocca a Liedholm spedire in fondo al sacco di «Nane» Franzosi
(che pure era uno dei grandi del calcio dell'epoca), il bolide del 4 a
1. I poveri tifosi interisti sono allo stremo, già pensano con
terrore alle burle feroci, agli sfottò, alle scommesse che dovranno
pagare ai «cugini» rossoneri, quando si scatena il finimondo.
Wilkes monta in cattedra. Sbriciola rapidamente il suo guardiano, il modesto,
diligente (ma scarso) Bonomi, diventa il trampolino di lancio per Amadeo
Amadei, «er core de Roma», il «fornaretto di Frascati»,
passato da un anno alla corte della grande Inter del Presidentissimo Carlo
Rinaldo Masseroni. E quando Amadei aveva i rifornimenti giusti in zona-gol,
non c'era scampo per nessuno. In breve: Amadei segna due volte in rapida
successione. Nyers batte alla sua maniera un rigore accordato da Orlandini
per atterramento dello stesso Amadei, ancora lanciato in gol... Poi realizza
Lorenzi. E l'Inter, incredibilmente passa in vantaggio per 5-4. Ma il
Milan non s'arrende e ritorna all'attacco. C'è una rimessa laterale
lunghissima di Liedholm, un colpo di testa di Gren: Franzosi, il portiere
nerazzurro, esce ma Annovazzi lo precede, entra di petto e di destro realizza
il gol del pareggio: 5-5.
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Estate stagione 1967/68 Milano, 18 maggio
1968 - Coppa Emilio Violanti Nell'Inter gioca un giovanotto siciliano in forza al Varese di nome Anastasi e gioca con la consapevolezza che il prossimo anno sarà San Siro il suo campo ed invece con un bliz "dispettoso" la Juve di Agnelli stacca un assegno di 650 milioni al Varese e acquista il centravanti già promesso all'Inter. Anastasi in azione nell'amichevole contro la Roma
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Il primo campo di gioco dell'Inter in via Carlo D'Adda, angolo ripa Ticinese n. 113, ricordato da una targa commemorativa Si ringrazia per
la foto la Carrozzeria INTER campione del mondo 2010
===== ALCUNI RECORD E ALCUNE CURIOSITA' |